Alessandria Medica 01/2016 - La visita medica con semeiotica burocratico-giuridica e l'ambulatorio di gestione delle proteste

 

E’ sempre maggiore la disaffezione verso la professione che riscontro tra i Colleghi durante i nostri incontri, prima centrati su discussioni cliniche, ora su sofferenze nel lavoro.

 

I medici di famiglia mi dicono che quando il paziente si siede davanti a loro, la prima preoccupazione è di capire se sono venuti per una rivendicazione (ha dovuto pagare il pantorc, vuole l’esenzione 48 per le neoplasie sulla visita oculistica) o per una richiesta non esaudibile (mi metta “urgente”, sull’impegnativa di visita specialistica, mi faccia l’impegnativa per una risonanza di tutto il corpo) o per proporre un’incongruenza (andrò al pronto soccorso per il mal di schiena, così mi fanno tutto, senza aspettare e senza pagare niente...).

 

Gestire una persona irritata, disinformata dei regolamenti sanitari, che fa richieste assurde, meditando per non arrivare ad uno scontro che manderebbe a pezzi un rapporto che “deve” essere di fiducia per funzionare, diventa sempre più difficile.

 

Una mia paziente pretendeva un farmaco con piano terapeutico prescritto a Milano e scaduto. C’è voluta mezz’ora per convincerla che non potevo fare la prescrizione perché il costo sarebbe ricaduto sul mio stipendio: non ci voleva credere e non sentiva ragioni, le avevano detto che “se il medico vuole, lo può fare, è a sua discrezione...”.

Quando il paziente si siede davanti al MMG, i passaggi successivi generalmente non sono clinici, bensì sono atti a gestire le sue autoprescrizioni e richieste, controllare l’appropriatezza del codice della RM, contrattare il rifiuto e riprescrivere la rosuvastatina e sostituirla con la atorvastatina perchè la Regione ritiene la prima inappropriata in troppi casi, verificare che la ricetta sia arrivata al portale di accoglienza telematica, interrompere la visita per inserire a comando il numero progressivo della ricetta quando il portale del SAR lo richiede, gestire i rifiuti del SAR di accettare la prescrizione, firmare per via digitale le prescrizioni ripetitive della segreteria e verificarne la correttezza, verificare chi ha diritto alla mutuabilità del farmaco in base a criteri divenuti sempre più complessi anche da illustrare al paziente. Certe volte ti sembra di essere il manuale di istruzioni di un software.

Intanto ti è arrivata la e-mail di due pagine (sigh) sulle modalità di aggiornamento della password del portale RUPAR, senza la quale non puoi eseguire tutte le prestazioni digitali. Imminente è poi il fascicolo sanitario elettronico.

Mentre a fine gennaio occorre inviare in via telematica 50-200 fatture del 2015 per il 730 precompilato.

L’aggiornamento medico è sostituito dall’aggiornamento in burocrazia per poter certificare che i titolari della 104 hanno diritto al 4% di iva quando comprano un cellulare o un computer.

La sanità digitale c’è in tutta Europa, ma negli altri paesi è l’amministrazione a farsene carico, mentre in Italia questo ammodernamento viene scaricato sui medici, che vengono distratti dal loro vero lavoro facendolo passare in secondo piano. Eppure il comparto della Pubblica Amministrazione nazionale risulta pletorico e viene da domandarsi se, negli scorsi anni, questa burocrazia negativa non sia servita ad ampliare un parco di assunzioni per motivi clientelari ed inefficienti sul piano operativo.

Quando entra in studio un paziente dimesso dall’ospedale dopo un’angioplastica eseguita in urgenza, la prima preoccupazione del MMG non è più rientrare in contatto con lui e la sua salute, ma quella di verificare la presenza dei piani terapeutici, archiviarne una copia, controllare l’appropriatezza delle prescrizioni, contrattarle col paziente (giustamente perplesso ed irritato), mentre intanto continua a gestire l’implacabile software telematico degli invii prescrittivi. Il paziente coi suoi problemi clinici viene sempre più sospinto in secondo piano, sfuma dietro la preponderante semeiotica amministrativo-giuridica.

Nel frattempo si accavallano le richieste telematiche di carrozzelle, di SS3 spacciati per invalidità normali o 104, di pretese (le più strane e fumose), di certificati di malattia che richiedono la massima attenzione (un certificato di malattia per esiti di mastoplastica estetica è stato rifiutato dall’INPS e il paziente non ha trovato altra soluzione che denunciare il medico per non averlo informato di ciò).

Nel frattempo si richiamano in studio i pazienti (affinché portino la documentazione sanitaria cartacea) perché è arrivata la raccomandata dell’ASL (che fa il suo dovere di legge) con la richiesta a campione di documentare i motivi delle prescrizioni farmaceutiche e i piani terapeutici (in mancanza di questi, il costo economico ricade sempre sullo stipendio del medico).

Un Collega mi ha detto “una volta entravo in studio contento di andare a curare i malati, ora entro teso e nervoso e inizio a risolvere grane ed a gestire proteste, avendo come prima preoccupazione di non andare incontro a problemi legali. Se solo mi lasciassero tranquillo a lavorare, non sarei qui a contare gli anni che mi mancano per andare in pensione”.

Un altro mi raccontava: “Ci sono giornate in cui lavori tutto il pomeriggio in studio a testa bassa e non hai curato nessuno, ma hai risolto mille problemi amministrativi e lamentele, o pratiche burocratiche”.

Le norme della sicurezza dentro lo studio medico hanno prodotto un inutile faldone di 400 pagine (pagato 600,00 euro) mentre la sicurezza nell’ambiente decade continuamente e le norme sulla privacy sono sempre più arroganti in una società nella quale basta scrivere su google cognome e nome di una persona per sapere molto, ma molto, dei fatti suoi.

Per non parlare dei medici ospedalieri e del loro altrettanto esteso “fronte di guerra”, sia perché per il pubblico tutto deve sempre andare bene e la guarigione deve essere garantita (se qualcosa va storto la colpa è sempre del medico e non dei limiti delle terapie), sia perché costretti a lavorare in pronti soccorsi affollati di codici bianchi entrati per evitare di pagare ticket e saltare prenotazioni e liste di attesa.

Medici che si interrogano su quali siano le “linee guida” che li proteggono dall’accusa di colpa grave, considerato che la magistratura ha già fatto sapere che non riconosce quelle delle società scientifiche italiane, che accolgono le persone malate e invece di ricevere riconoscenza, devono cercare di proteggersi da aggressioni verbali e anche, talvolta, fisiche. Che invece di preoccuparsi solo di aggiornarsi e curare, devono pensare a risolvere il problema di turni di organici carenti o per le nuove normative UE, problemi che non sono di loro competenza e per i quali non hanno possibilità di trovare soluzioni.

Medici che affrontano i problemi interni della gestione delle équipes multidisciplinari con altre professioni sanitarie, mentre i disagi portati dalla cattiva organizzazione ospedaliera diventano automaticamente malasanità e vengono attribuiti al medico.

Mentre le agenzie di pratiche risarcitorie bombardano i cittadini dai social e dai media con le loro attività e le compagnie di assicurazione chiedono tariffe di 13.000,00 euro ai chirurghi per assicurarli.

Mentre poi dilagano guaritori truffaldini che impunemente “curano” e danneggiano la salute delle persone, ingannandole con diagnosi, accertamenti e terapie fasulle.

Molti pazienti si lamentano del medico di famiglia presso lo specialista e dello specialista presso il medico di famiglia, cercando il proprio egoistico tornaconto, invece dell’interesse collettivo.

Tutto questo soffoca il lavoro del medico e non è pensabile che non abbia conseguenze sulla salute dei cittadini, delle quali ancora non è possibile prevedere la portata. Ed è per questo che la Federazione Nazionale degli Ordini (FNOMCeO) ha appoggiato lo sciopero generale dei medici in Dicembre.

Buon anno!!

 Mauro Cappelletti

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