PENSIONATI, IL COMPENSO SI AGGIUNGE ALL'ASSEGNO
Dal sito www.enpam.it
Per fare fronte all’emergenza Covid-19 i camici bianchi a riposo con quota 100 potranno sommare la pensione con l’attività lavorativa.
L’Inps ha chiarito con una circolare che ai medici che hanno ricevuto un incarico di lavoro autonomo per contrastare il coronavirus, non saranno applicate “le disposizioni in materia di incumulabilità tra pensione e reddito da lavoro autonomo” previste per quota 100.
Insomma, chi indosserà nuovamente il camice per schierarsi contro il virus potrà attingere – legge Madia permettendo – a una nuova fonte di reddito da sommare all’assegno mensile da ex dipendente pubblico.
LA “CORSIA PREFERENZIALE”
È bene ricordare che quota 100 è la misura sperimentale di pensionamento anticipato concessa ai lavoratori che abbiano almeno 62 anni di età e abbiano raggiunto i 38 anni di contributi.
Stando alla norma generale, la condizione necessaria per ricevere la pensione dopo aver imboccato la “corsia preferenziale” di fine carriera è la cessazione dell’attività lavorativa dipendente. È ammesso, invece, il proseguimento del lavoro autonomo, purché occasionale e nel limite di 5 mila euro lordi l’anno.
MEDICI IN PRIMA LINEA
Dal 9 marzo, con il decreto legge “Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza Covid-19”, sono state previste misure straordinarie anche per il conferimento di incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario anche in pensione, con la precisazione che per tali posizioni non verrà applica l’incumulabilità tra redditi da lavoro autonomo e trattamento pensionistico.
VIA LIBERA PER SEI MESI
Con la circolare 41 l’Inps è poi intervenuta sul tema, ribadendo che per i camici bianchi in prima linea non sussiste l’incumulabilità tra quota 100 e il reddito percepito nella lotta al coronavirus.
L’istituto previdenziale ha sottolineato che il reddito da lavoro autonomo esente dal divieto di cumulo è quello citato nel comma 6 dell’articolo 1 del decreto legge 14 del 2020, la cui durata non deve essere superiore a sei mesi e comunque non deve protrarsi oltre il termine dello stato di emergenza.
MADIA “SPADA DI DAMOCLE”
Sulla strada del rientro in servizio dei medici pensionati pende l’incognita della legge Madia.
L’aspetto non ancora chiarito è se il divieto per le amministrazioni pubbliche di retribuire chi percepisce l’assegno pensionistico valga anche per i medici che indosseranno nuovamente il camice per prendere parte alla lotta contro il coronavirus.
Fino a disposizione contraria, risulta infatti ancora in vigore il decreto legge 90 del 2014 sulla riforma della pubblica amministrazione, che ha introdotto – anche per aziende sanitarie e regionali – il divieto di attribuire incarichi di studio, di consulenza, dirigenziali, direttivi o cariche in organi di governo a ex lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza.
Una regola che tuttavia trova la sua eccezione nella gratuità dell’incarico.
I ruoli dirigenziali e direttivi, inoltre, oltre a dover essere pro bono non potranno superare la durata di dodici mesi.
Alla fine dei conti, a causa di due normative che appaiono divergenti e in assenza di un chiarimento, i medici che con grande spirito di servizio torneranno a indossare il camice, a fine incarico potrebbero trovarsi in tasca nient’altro che l’infinita gratitudine dei cittadini.
Alessandria, 21 aprile 2020