Alessandria Medica 03/2015 - Il cielo sopra Berlino

Foto Cappelletti

La nostra generazione è cresciuta nell'epoca del boom economico, ci siamo abituati all'espansione del tenore di vita, del reddito, della medicina, della tecnologia.

Come ceto medio ci sentiamo defraudati del fatto che i prezzi dei nostri alloggi sono dimezzati e che le nostre risorse sono diventate limitate, che dobbiamo fare i conti per poter mantenere il nostro tenore di vita o che dobbiamo abbassarlo.

Se facciamo un passo indietro e osserviamo il nostro ultimo secolo nel suo complesso, ci rendiamo conto di quanto questo nostro atteggiamento sia conseguenza di una focalizzazione sugli ultimi 30 anni trascorsi.

Non è sempre stato così e me ne hanno convinto due film presentati nei cineforum da Barbara Rossi, docente alessandrina di cinema : "Mouchette" di Robert Bresson, ambientato nell'anteguerra e "Kuhle Wampe" (ovvero "A chi appartiene il mondo?") una delle grandi sceneggiature di Bertolt Brecht, realizzato nel 1932.

Il primo film racconta la storia di famiglie rurali che vivono in condizioni di estrema miseria, ma tale che oggi noi non riusciamo neanche ad immaginarla, quanto non riusciamo visivamente ad immaginare che sia esistito un tram a cavalli.

Il secondo ritrae Berlino durante uno dei suoi periodi più drammatici: la grande depressione seguita al crollo delle borse del 1929, con la città in preda alla disoccupazione, agli sfratti. Cinque milioni di ragazzi che all'alba inforcavano la bicicletta girando fabbrica per fabbrica per trovare il lavoro per un giorno, ed una minestra calda per pasto, con una larga parte della popolazione che vive nelle tende che oggi usiamo per fare camping.

Nella prospettiva di un secolo o di un millennio quanto può essere rilevante nella valutazione sul benessere di una popolazione che un alloggio in città passi dal valore di 200.000 euro a quello di 100.000?

E' inimmaginabile che si torni alla povertà raccontata in questi due film neanche troppo lontani nel tempo (che consiglio di procurarsi in qualche modo) ma occorre dare più valore ai beni che diamo per scontati (e non lo sono) e dei quali godiamo: le cure sanitarie, la nutrizione, la casa, l'igiene personale, le vaccinazioni, il riscaldamento domestico, le comodità, la libertà personale e delle relazioni sociali, compresi i costumi sessuali, la possibilità di studiare, formarsi una cultura, coltivare i propri interessi e passioni, la possibilità di spostarsi con vari mezzi, l'accessibilità a modi diversi di viaggiare, i beni personali, il vestiario  nostra disposizione.

Per non parlare delle tante voluttuarietà inutili ancora circolanti, integratori, profumi, sciocchezze varie delle quali molti si circondano ancora in eccesso.

La qualità della nostra vita, in base a quanto sopra elencato, è altissima rispetto a quella vissuta prima degli anni '70.

E' emblematico poi che questa Italia che ha smesso di vantare primati scientifici, culturali e produttivi (anche perchè soffocata dalla corruzioni politica), abbia cominciato a macinare primati diversi: vecchiaia della popolazione, assistenza degli anziani non autosufficienti, welfare, maggior numero di giorni di ferie, numero di invalidi, maggior numero di ospedali e impiegati in sanità, inefficienza del settore pubblico, del sistema scolastico ecc.

Produciamo solo più turismo, moda e gastronomia. E welfare per un paese di vecchi. E manteniamo privilegi di comfort di vita.

Perchè dovremmo espanderci? E' già tanto che teniamo quanto abbiamo. Razionalizziamo piuttosto, per non fare passi indietro nell'assistenza sanitaria e nell'adeguamento tecnologico delle strutture.

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