Alessandria Medica 10/2015 - Farmaci ed accertamenti

I medici sono messi sotto pressione per i controlli a campione sulle prescrizione di farmaci, così come disposto dalla Legge 425/96.
Quando mi sono laureato in medicina, un farmaco era una “medicina”, illustratami dalla farmacologia universitaria.  Successivamente durante la professione rimasi perplesso dalla diffusione di farmaci di dubbia efficacia (calcitonina spray nasale, carnitina per os, gangliosidi) che venivano dispensati gratuitamente dal sistema mutualistico.
L'allegro carnevale terapeutico cessò poi con la comparsa delle “note” che disciplinavano i casi in cui 89 classi di farmaci potevano essere prescritti a carico del SSN. In successione di tempo la prescrizione dei farmaci è stata poi sottoposta alle commissioni di ASL, arrivarono poi il monitoraggio individuale del medico per individuare gli iperprescrittori, gli incentivi, le sanzioni, i piani terapeutici, i farmaci equivalenti o generici, la distribuzione diretta, quella per conto, i controlli della Guardia di Finanza, i prontuari di Azienda, la scontistica nelle RSA, la guerra alle prescrizioni off label.
Il fronte è sempre caldissimo ed il farmaco ha assunto, in questi anni, tanti significati  (una sana medicina, un bene di consumo, un placebo, una terapia, un bene economico, una fonte di conflitto tra medici generalisti ed ospedalieri, uno strumento di politica professionale, o industriale). Ed anche per tanti pazienti un momento di confusione o di contrasti col proprio medico.
Anche, talvolta, il cattivo sostituto di un più corretto stile di vita.

Il DM Lorenzin sugli esami inappropriati consacra ora l'apertura del fronte del contenimento della spesa sanitaria sulla diagnostica. L'overdiagnosi sui pazienti e la medicina difensiva sono i due nuovi mostri della medicina contemporanea, fonte di frustrazione per chi amministra la Sanità in un regime a risorse limitate e per i medici che la vivono tutti i giorni nonostante il loro serio impegno professionale a tutelare la salute del paziente.

 La proposta di sanzionare ulteriormente i medici, dopo averli portati alla paura e all’incertezza per le campagne denigratorie dei mass media sulla malasanità, corre il rischio non di risolvere il problema ma di aggravare la cattiva pratica clinica. O di spostare sul privato quello che è erogabile ma non mutuabile, pesando sulle tasche di ignari cittadini.

 Senza tenere conto che spesso un esame ci risulta inutile dopo averlo fatto. Ognuno di noi ha nella sua memoria casi in cui è rimasto sorpreso dall'esito di un esame, che dava per scontato fosse normale, e che invece è risultato gravemente patologico.

 Occorre rifondare una cultura presso i cittadini (una mia paziente ha ascoltato irritata il mio counseling sulle sue caviglie doloranti, le consigliavo una correzione posturale, plantari e una perdita di peso del 10%, ma - appena terminato di parlare - mi ha richiesto in modo perentorio la prescrizione di una MOC perchè “sicuramente si tratta di osteoporosi”).

 Occorre ripartire da una legge chiara che tuteli i medici sulla responsabilità professionale, riabilitare mediaticamente i medici presso il pubblico, definire finalmente i tetti di risarcimento assicurativo e passare a valutare la qualità dei percorsi di cura misurando i risultati di salute ottenuti e non i costi sopportati.

 Obiettivi  realizzabili ma difficili in un Paese dove la liberalizzazione della pubblicità doveva servire a dare informazione al pubblico sui livelli di accreditamento dei medici ed invece è servita a diffondere pubblicità senza decoro. Dove l'Antitrust ha condannato la FNOMCeO (dimezzata poi ad € 415.908,00 dal TAR Lazio) ad una multa per avere limitato la concorrenza scrivendo sul Codice Deontologico che la pubblicità fatta dai medici deve rispettare “il decoro”..

 Dove l'ECM che doveva servire a garantire l'aggiornamento dei medici, e che doveva essere incentivata economicamente, si tramuta spesso solo in un costo o nel soddisfacimento di  un adempimento burocratico-amministrativo.

 Mauro Cappelletti

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